H1N1 - The Holy Flu - Parte 2/3

[Continua]
Se dovessimo riassumere in una parola: promiscuità.
Immaginiamo di arrivare, nel bel mezzo della notte, in un villaggio sperduto nella foresta dell’ipotetico paese di FluFlu. Gli indigeni locali, spaventati e incuriositi dall'intrusione, ci guarderanno con sospetto. Sicuramente, la reazione dipenderà anche da come siamo vestiti. Se indosso una gonnellina locale, una collana di ossa di elefante e un copricapo sciamanico, potrei anche passarla liscia. Ma se mi sono vestito da assicuratore o da idraulico, allora mi guarderanno con curiosità mista a paura (0). Chi è questo? Cosa vuole?
Ho invaso uno spazio (ospite) presentandomi con caratteristiche esteriori definite (antigeni) e, al momento, non ho neanche dichiariato le mie intenzioni (patogenicità).

I virus influenzali sono classificabili in base all'abbigliamento. Ci sono degli affari che spuntano dalla superficie dell'involucro (si chiamano HA e NA) che, per renderci la vita complicata, sono divisi in sottotipi. Quanti sono? Be', ci sono 16 HA e 9 NA. Fate un po' voi il calcolo delle combinazioni. Inoltre, se aprissi il virus come una mela, dentro ci troverei un'altra manciata di simpaticoni che possono cambiare struttura da virus a virus. Nel complesso, questi virus non amano la routine.

Quando un virus bussa alla porta di una cellula, il permesso di entrare viene accordato solo se c’è compatibilità tra le molecole di superficie. Nel nostro caso - facciamola semplice - tra HA (la chiave) e un recettore di superficie (la porta). Questa porta è diversa tra umani e uccelli. E non stupitevi se adesso vi dico due cose:
  1. Gli uccelli sono considerati la “riserva naturale” del virus influenzale. I teneri volatili si palleggiano il virus da un bel po’ di tempo.
  2. I suini (swines) hanno entrambe le porte, quella umana e quella aviaria. E quindi, oltre ad essere rosa e servire da base per il capodanno con lenticchie, si beccano i virus umani e quelli dei volatili. E viene fuori un bel cocktail.
Un ultimo punto, ma essenziale. Un virus può diffondersi molto rapidamente tra gli individui della specie (altamente infettivo) ma non fare troppi danni (patogenicità). Oppure può essere molto pericoloso (dopo il contagio, fatti il segno della croce) ma non essere capace di diffondersi molto bene. Vedi la [NOTA] subito se vuoi cominciare a preoccuparti.

Adesso, per non annoiarvi fino a farvi ammalare, cercherò di andare al punto. Quando arrivo nel villaggio di FluFlu la prima volta, gli indigeni non mi hanno mai visto e quindi il loro sistema immunitario reagisce in maniera appropriata. Vengono sviluppati degli anticorpi (i guerrieri del capo) e io vengo debellato (fine dell’infezione). Se torno l’anno dopo, si faranno al massimo una bella risata, perchè io sono la stessa persona di prima. E sanno come prendermi.

Purtroppo, i virus influenzali sono soggetti a due fenomeni di mutazione (1), che hanno come conseguenza quella di rendere diversi gli antigeni di superficie. Diciamo che io mi camuffo, per non farmi riconoscere a FluFlu. I due fenomeni sono:
a) Antigenic drift: piccole mutazioni, quelle che rendono il virus “leggermente” diverso di anno in anno. Quindi io mi faccio il Natale a casa per due anni di fila, perché il bastardo è “leggermente” cambiato e il mio sistema immunitario lo riconosce ma non completamente. Una cosa tipo vedo/non vedo. Però il fatto di essere simile al virus dell’anno prima aiuta: molti nostri simili non si ammaleranno per nulla.
b) Antigeninc shift: E lasciatevelo dire, sono cazzi. E’ quello che è successo nelle tre pandemie (1918, 1957 e 1968). La molecola HA era completamente (e non leggermente) diversa. Tutti gli umani sono suscettibili e possono contrarre l’infezione, quindi il virus si diffonde molto rapidamente. E lo fa perché questo HA è anche in grado di riconoscere molto efficientemente la “porta” umana.

Nel 1918 si trattava di un sottotipo H1N1 (suona un campanellino?), nel ‘57 un H2N2, nel ‘68 un H3. Ogni volta, partendo da un evento di “reassortment”, la sfiga ha voluto che iniziasse a circolare tra gli esseri umano un virus molto (molto) pericoloso. Noi, un H2 o un H3 non l’avevamo mai visto prima degli anni ‘50.
Come avviene tutto ciò? Basti tenere a mente che tali varianti possono derivare da un virus aviario che muta e acquisisce la capacità di infettare gli umani (avian to human), oppure da un virus circolante tra i suini (swine to human) oppure... Oppure, nei suini, si incontrano (viral happy hour) una parte di avian, una parte di human e un paio di parti si swine; e una spruzzatina di soda. E opplà, ecco l’H1N1 che ha terrorizzato il mondo negli ultimi mesi. Andiamo avanti, ma prima una [NOTA].

[NOTA: Nel 1997 (e nel 2003) il virus H5N1 ha fatto quello che gli americani chiamano un “outbreak”. L’H5N1 (la mitica influenza aviaria, ricordate?) ha infettato un po’ di persone, dimostrando di essere un virus molto aggressivo, con tassi di mortalità elevati e severe complicazioni respiratorie. Perché l’abbiamo scampata? Perché si trasmette male da uomo a uomo. Tutto lì. Ma cosa vi ho appena spiegato? Che ci vuole un attimo, figli miei, un attimo di distrazione e questo virus cambia e diventa altamente CONTAGIOSO. Pandemia, e sono cazzi amari. Ma questa è un’altra storia.]

Dicevamo che i virus H1N1 sono in circolazione tra gli umani dal 1918. Il problema è che c’è una variante H1 suina che per lungo tempo è rimasta confinata nei potenziali cotechini. Per semplificare, è come se separassimo due gemelli alla nascita. Uno mi viene su simpatico e l’altro antipatico. Sono simili, ma sono rimasti separati per tanto tempo e hanno subito l’antigenic drift di cui sopra. Il risultato è che l’H1 suino è oramai molto diverso dall’H1 umano. E questo, l’abbiamo capito, pone un problema. C’è un antigenic gap (divergenza, molta divergenza) che rende noi esseri umani suscettibili all’infezione con un virus che è diverso da quelli che conosciamo (anche se si chiamano tutti e due H1N1).
Chiariamoci, ci sono stati occasionali outbreak di swine-flu tra gli umani, ma nessuno di questi virus era in grado di fare human-to-human.

L’H1N1 che ha terrorizzato il mondo negli ultimi mesi, invece, fa human-to-human che è una bellezza. Allora, il prossimo che mi rompe le palle con il “troppo allarmismo” lo inchiodo al muro con le puntine.

Siamo arrivati alla fine. Quando una nuova variante virale viene isolata nella popolazione umana (2), esiste un protocollo di emergenza (ne esistono molti, in realtà) che prevede, secondo la WHO, 6 stadi.
Non ci sono dubbi, cari lettori: lo stadio 6 è stato raggiunto (3) e la WHO ha dichiarato ufficialmente l’emergenza pandemica. E ha fatto bene. Punto.
E quando sentite dire che “al momento” il virus non ha causato molte vittime, e “al momento” sembra meno pericoloso dell’influenza stagionale... be’, vuol dire che questo virus si diffonde molto bene human-to-human, ma non è molto patogenico, ovvero non ha conseguenze gravissime (gravi, quello si) sul sistema respiratorio.
Inutile dirlo, se dovesse acquisire la seconda caratteristica (patogenicità) allora, Houston, avremmo un problema. E lo sappiamo, questi virus non amano la routine.

Take home message: niente panico, ma io sono felice quando so che c’è qualcuno che si occupa di queste cose con la dovuta cautela e professionalità. E sono scienziati, goddamit!

Nella prossima puntata, proverò a parlarvi di vaccini e di come è stata gestita la comunicazione del messaggio: “Holy Jesus, we got a swine-flu situation!”.
[Continua

(0) Nel mio caso, è probabile che lo facciano comunque.
(1) Schnitzler SU, Schnitzler P. An update on swine-origin influenza virus A/H1N1: a review. Virus Genes. 2009 Oct 7.
(2) Garten RJ et al. Antigenic and genetic characteristics of swine-origin 2009 A(H1N1) influenza viruses circulating in humans. Science. 2009 Jul 10;325(5937):197-201.
(3) “...community level outbreaks in at least one other country in a different WHO region in addition to the criteria defined in Phase 5. Designation of this phase will indicate that a global pandemic is under way.”